Giocavo a dadi con mio fratello e lui vinceva sempre, perché barava, ma glielo permettevo perché era più piccolo di me di 10 anni. E quando ci sfidavamo a braccio di ferro, vinceva ancora lui; questa volta ero io a barare, e forse anche se lo sapeva, non gl’importava. La soddisfazione per avermi sconfitto era autentica. Vinse ancora quando senza alcun imbroglio gareggiammo in piscina, sfidandoci in uno sprint lungo una vasca a stile libero. Lui arrivò senza alcuno sforzo in fondo che io ancora annaspavo per raggiungere i tre quarti, e mi derise. Me lo rinfacciò ogniqualvolta volesse dimostrare di essermi superiore, qualsiasi fosse il campo di discussione, e lui giunto più o meno a corto di argomenti, di punto in bianco m’accusava di non saper nuotare, nonostante fossi nato e vissuto per tutta l’infanzia, vicino al mare. Così il dibattito finiva così. Fuori luogo e dittatoriale questa storia buttata lì a soffocare lo stato libero di comunicazione, tanto appunto da riuscire sempre ad ammutolirmi.
Inutile controbattere alla cecità. Solo internamente covavo il mio risentimento.
L’acqua m’ispira tranquillità e sicurezza, ma solo se pensata dall’esterno, così come si sta bene sotto le coperte quando fuori piove e fa freddo, ma il terrore datomi dal non sentire il fondo, togliendomi così l’unico senso concreto di stabilità offerto dalla terra ferma, inibisce l’attrazione che ho per il desiderio di sentirmi sospeso e in movimento in un’altra dimensione, meno vincolante e più propensa ad amplificare certe percezioni, riuscendo a farti sentire più vicino a te stesso, come appunto il galleggiare, il nuotare e l’immergersi, hanno il dono di fare. Oppure è proprio il sentirmi vicino a me stesso, a terrorizzarmi. Fatto sta che, un atto d’incoscienza fece pagare a mio fratello più del dovuto, la sua arroganza, quando giunto all’età in cui potendo guidare il motorino, gli lasciai il mio scooter, ma senza che prima avessi fatto mettere a posto i freni, e senza nemmeno averlo avvisato della loro difettosità, lui che tra l’altro aveva passione per la meccanica. Non lo feci ovviamente di proposito, solo che avendo preso troppo sul serio la sua presunta bravura nei miei confronti su tutto, e quindi se non poteva succedere nulla a me, figuriamoci se lui non sarebbe riuscito a controllare meglio di me il mezzo. Senza neanche pensarci… infatti.
L’acqua non la bevo nemmeno più, ora.
Parma. Un giorno di gennaio 2004
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